2002 | La quinta volta del Brasile

di Adalberto Bortolotti *

Era il primo Mondiale del nuovo secolo, il primo giocato in Asia, spezzando la tradizionale alternanza continentale Europa-America, il primo ospitato in due paesi consorziati nell'organizzazione, Giappone e Corea del Sud, nella scia della formula sperimentata con successo agli Europei 2000. Attorno all'evento, che prevedeva la più alta audience della storia, 40 miliardi di telespettatori per un mese di competizione, con 200 paesi collegati, si sviluppava la speranza di una nuova frontiera del pallone, la celebrazione della sua raggiunta universalità, nella culla della sofisticata tecnologia nippo-coreana. Invece ci si è trovati ricacciati indietro di quarant'anni esatti, ai veleni, alle polemiche, alle combine di Cile '62, il Mondiale a più bassa credibilità, per gli sfacciati favoritismi alla squadra di casa. Nel 2002 le squadre di casa erano due, ma soltanto la Corea ha sfruttato in modo spregiudicato il proprio ruolo privilegiato, grazie all'inerzia, se non proprio alla complice benevolenza, della FIFA. Arbitraggi ai limiti dello scandalo le hanno consentito di eliminare in rapida successione tre referenziate rappresentanti del calcio latino, quali Portogallo, Italia e Spagna. Nel frattempo, la velleitaria pretesa (giustificata da calcoli elettorali) di usare arbitri e assistenti di ogni paese, a prescindere dalla loro preparazione e dalla loro esperienza internazionale, ha dato vita a errori inammissibili in un torneo a così elevato livello. Si è temuto il crollo, anche perché altre protagoniste annunciate, quali la Francia campione in carica e l'Argentina, erano uscite di scena per conto proprio. Poi, la tempesta si è placata. Nella fase decisiva sono stati mandati in campo gli arbitri più affidabili, la Corea si è ritenuta paga di aver raggiunto lo storico traguardo della semifinale e la finale inedita fra le due più titolate potenze calcistiche, Brasile e Germania (curiosamente mai incrociatesi nelle precedenti edizioni), ha steso un velo pietoso sui tanti misfatti tecnici del torneo. Il Brasile, poco considerato alla vigilia, ha vinto il suo quinto titolo, dopo sette successi su altrettanti incontri, incoronando re del gol il ritrovato Ronaldo, che quattro anni prima aveva cominciato proprio dalla finale di Francia '98 il suo lungo calvario di infortuni, facendo temere un precoce addio al calcio. La Germania, più solida che creativa, si è dimostrata una degna rivale e la Turchia, terza a sorpresa, ha rappresentato la vera rivelazione, al pari del Senegal, una debuttante in grado di arrivare sino ai quarti di finale, grazie a un calcio spensierato e spettacolare. All'Italia resta l'amara sensazione di un'ingiustizia subita, ma anche la consapevolezza di avervi aggiunto propri demeriti, nel determinare la prematura uscita di scena.

Superando ogni precedente record, il 98% delle Federazioni calcistiche nazionali affiliate alla FIFA, 199 su 204, si sono iscritte alla Coppa del Mondo 2002. Tre si sono successivamente ritirate, mentre Francia, quale detentrice del titolo, Giappone e Corea del Sud, come paesi organizzatori, sono state ammesse di diritto alla fase finale, riservata a 32 squadre. Le partite di qualificazione hanno così visto impegnate 193 nazionali, per complessive 777 partite, alle quali hanno assistito, negli stadi, 17 milioni di spettatori. Il record di affluenza si è registrato a Teheran dove, il 24 agosto 2001, 120.000 persone hanno presenziato a Iran-Arabia Saudita, valevole per il raggruppamento asiatico. I gol realizzati sono stati, in tutto, 2452, oltre tre a gara. A tenere alta la media ha provveduto, più di ogni altro, il raggruppamento oceanico, che ha fatto registrare una media di oltre sette gol a partita.

Sotto il profilo tecnico, va rilevato che sono approdate alla fase finale tutte le nazionali vincitrici di una o più edizioni precedenti: Brasile, Italia, Germania, Uruguay, Argentina, Inghilterra e Francia. Quattro nazionali hanno conquistato per la prima volta il diritto a disputare la fase finale di un Campionato del Mondo: Slovenia, Ecuador, Senegal e Cina. Quest'ultima ha sicuramente rappresentato la novità più importante, dal momento che il suo ingresso nel calcio d'élite ha aperto nuovi scenari, non soltanto sportivi, ma anche sociali e commerciali, a tutto il movimento. L'impresa della Cina ha riportato alla ribalta il tecnico serbo Bora Milutinovic, che alla guida della nazionale asiatica ha disputato il suo quinto consecutivo Campionato del Mondo, sempre sulla panchina di una squadra diversa, un record difficilmente superabile.

Fra le vittime illustri della fase di qualificazione va citata in primo luogo l'Olanda, seconda in due edizioni consecutive del Mondiale (1974 e 1978) e brillante protagonista dei Campionati Europei 2000. Hanno destato sorpresa anche le eliminazioni della Repubblica Ceca e della Colombia, formazioni molto quotate e che figuravano nella parte alta del ranking della FIFA. L'Uruguay è stata l'ultima squadra a ottenere l'ingresso fra le 32 finaliste: quinta classificata nel girone sudamericano, ha dovuto affrontare uno spareggio supplementare con la vincitrice del gruppo oceanico, cioè l'Australia; sconfitto per 1-0 a Melbourne, l'Uruguay si è imposto per 3-0 nell'incontro di ritorno di Montevideo. L'eliminazione dell'Australia ha impedito al Mondiale 2002 di vantare una partecipazione autenticamente universale: alla fase finale, infatti, sono stati rappresentati quattro continenti su cinque.

Normalmente destinata a scremare il gruppo delle finaliste dalle presenze meno significative, la prima fase è invece risultata sconvolgente, determinando l'immediata eliminazione delle due nazionali che accentravano su di sé il compatto favore dei pronostici. La Francia, campione uscente, priva del suo uomo faro, Zidane, nel match inaugurale è stata sconfitta clamorosamente dalla matricola Senegal, i cui giocatori ‒ ironia della sorte ‒ militano tutti nel Campionato francese. Forse condizionata da quell'avvio fallimentare, la Francia non è riuscita ad andare oltre il pareggio contro l'Uruguay, scontando anche l'inferiorità numerica determinata dall'espulsione di Henry, e ha dovuto così giocarsi le scarse possibilità di sopravvivenza nella terza partita contro la Danimarca. Neppure l'affrettato ricupero di Zidane, in precarie condizioni fisiche, ha salvato i campioni da una nuova, bruciante sconfitta, che li ha costretti a lasciare la scena senza aver vinto una sola gara, né realizzato un solo gol. In un girone che pareva scontato a favore di Francia e Uruguay, erano invece Danimarca e Senegal a ottenere una sorprendente, ma meritatissima promozione. L'altra grande favorita, l'Argentina, inserita nel girone più impegnativo, ha cominciato bene, superando la Nigeria con un gol di Batistuta. Da quel momento, però, la situazione è precipitata. Battuta in un ruvido match dall'Inghilterra, grazie a un calcio di rigore decretato dall'arbitro italiano Collina e realizzato da Beckham, l'Argentina ha ceduto anche alla Svezia, maestra di difesa e contropiede. Svezia e Inghilterra si sono così assicurate il passaggio agli ottavi di finale.

I responsabili tecnici delle due grandi eliminate, Lemerre e Bielsa, sono stati investiti da una tempesta di polemiche. In effetti, notevoli errori nella strategia di gioco e nella scelta degli uomini hanno contribuito a determinare un verdetto assolutamente inatteso e che ha privato il prosieguo del torneo di due protagoniste annunciate. La maledizione del pronostico favorevole ha sfiorato anche l'Italia, terza nelle considerazioni della vigilia. Una doppietta di Vieri ha proiettato gli azzurri oltre l'ostacolo dell'Ecuador nel match d'apertura, lasciando presagire un agevole cammino verso il primato del girone. Ancora Vieri, con un poderoso colpo di testa, portava in vantaggio l'Italia contro la Croazia, dopo che un'errata segnalazione del guardalinee danese Larsen aveva provocato l'annullamento di una rete, perfettamente valida, dello stesso Vieri. A quel punto la difesa italiana, che aveva perduto il suo perno centrale, Nesta, si faceva sorprendere due volte dai croati. Il pareggio, realizzato in extremis, era ancora annullato dall'intervento di Larsen, che ravvisava un inesistente fallo dell'attaccante italiano Inzaghi nell'area croata. La sconfitta accendeva violente contestazioni contro la terna arbitrale, chiaramente non all'altezza del compito, ma anche contro le scelte del commissario tecnico italiano Trapattoni. Con il Messico, che aveva vinto i primi due incontri, l'Italia si giocava il suo destino. Ancora una svista arbitrale cancellava un gol regolare di Inzaghi che avrebbe portato l'Italia in vantaggio. Era invece il Messico a segnare e a quel punto l'Italia perdeva il filo del gioco, rischiando ripetutamente una seconda capitolazione. Un gol di Del Piero, subentrato nel finale a un Totti poco ispirato, ristabiliva la parità. Contemporaneamente la Croazia cedeva inaspettatamente all'Ecuador, consentendo all'Italia di raggiungere il secondo posto del girone, alle spalle del Messico.

Se il percorso delle favorite era risultato così accidentato, in compenso le due nazionali ospitanti, Giappone e Corea, avevano camminato sul velluto. Le due nazionali asiatiche vincevano i rispettivi raggruppamenti, raggiungendo gli ottavi di finale per la prima volta nella loro storia calcistica. Un risultato sorprendente solo in apparenza: lo sfruttamento delle particolari condizioni ambientali, il compatto appoggio del pubblico, arbitraggi compiacenti e gli indiscutibili progressi tecnici, sotto la guida di eccellenti tecnici stranieri (l'olandese Hiddink per la Corea, il francese Troussier per il Giappone) spiegavano l'exploit. Nel girone della Corea, la vittima illustre era il Portogallo, cui non bastavano le 'stelle' Luis Figo e Rui Costa, né i gol del centravanti Pauleta, per superare lo shock dell'iniziale sconfitta da parte degli Stati Uniti, che seguivano così i coreani negli ottavi di finale. Alle spalle del Giappone si piazzava il Belgio, mentre l'eliminazione della Russia provocava a Mosca violenti disordini, con vittime, fra gli spettatori che avevano seguito le partite dai maxischermi montati nella Piazza Rossa.

Due sole squadre terminavano il girone a pieno punteggio: la Spagna, che batteva in successione Slovenia, Paraguay e Sudafrica, e il Brasile, che domava la Turchia solo con l'aiuto di un calcio di rigore inesistente, ma poi travolgeva sotto una valanga di gol Cina e CostaRica. La Cina chiudeva mestamente la sua prima apparizione mondiale con tre sconfitte, nove gol subiti, zero realizzati. Neppure il tecnico Bora Milutinovic aveva potuto fare miracoli, alle prese con giocatori modesti, tecnicamente e tatticamente acerbi. Ancora peggiore risultava il bilancio dell'Arabia Saudita, che perdeva tutte le partite, non segnava neppure un gol e ne incassava ben dodici, otto dei quali a opera della Germania, nella quale si rivelava Miroslav Klose, ex ginnasta, polacco d'origine, cannoniere della prima fase con cinque reti, tutte di testa, festeggiate con acrobatici e spettacolari salti mortali.

In conclusione, agli ottavi di finale approdavano nove squadre europee (Spagna, Germania, Danimarca, Svezia, Inghilterra, Irlanda, Belgio, Italia, Turchia), due sudamericane (Brasile, Paraguay), due dell'America Centrale e Settentrionale (Messico e Stati Uniti), due asiatiche (Giappone e Corea del Sud) e una sola africana, forse la meno attesa, il Senegal, mentre cadevano le più referenziate Nigeria, Camerun, Sudafrica e Tunisia. Ma ovviamente erano le bocciature di Francia, Argentina e Portogallo a costituire la sensazione dei primi 15 giorni del Mondiale.

Gli ottavi di finale parevano orientati a ripristinare le gerarchie tradizionali, dopo gli sconvolgenti verdetti dei gironi preliminari. Le prime due partite vedevano infatti Germania e Inghilterra superare gli ostacoli di Paraguay e Danimarca. I tedeschi, dopo aver non poco faticato, agli sgoccioli del match riuscivano a imporsi con un bellissimo gol di Neuville. Finiva l'avventura per l'italiano Cesare Maldini, che dopo aver guidato gli azzurri nei Mondiali del 1998 in Francia, sedeva sulla panchina del Paraguay. Più rotondo nel punteggio il successo dell'Inghilterra, ai danni di una Danimarca tradita dalle ripetute sviste del portiere. Le sorprese erano però di nuovo dietro l'angolo. L'incredibile Senegal veniva a capo della Svezia, al termine di una splendida ed equilibrata partita, che opponeva le rigorose geometrie del gioco scandinavo alla prorompente fantasia degli africani. I tempi supplementari, dopo l'1-1 al termine dei novanta minuti, registravano prima un palo della Svezia, poi il 'golden-gol' del senegalese Camara. Il Senegal approdava così ai quarti di finale, impresa riuscita solo a un'altra squadra africana (il Camerun, nel 1990). Il Leit-motiv del torneo, però, era costituito dagli errori arbitrali. Ne venivano penalizzati il Messico, cui non era concesso un vistoso calcio di rigore contro gli Stati Uniti, poi impostisi per 2-0, e soprattutto il Belgio che contro il Brasile andava in rete con un perfetto e regolarissimo gol di testa del proprio cannoniere Vilmots, ma si vedeva inspiegabilmente annullare il punto dall'arbitro giamaicano. Così graziato, il Brasile nella ripresa conquistava la vittoria grazie ai puntualissimi gol della sua coppia di fenomeni, Rivaldo e Ronaldo. La Spagna domava l'Irlanda soltanto ai calci di rigore, dopo 120 minuti di gioco chiusi sull'1-1. Restavano le due squadre di casa. Il Giappone affrontava la Turchia sotto la pioggia battente e con il netto favore del pronostico. L'impeccabile arbitraggio dell'italiano Collina non gli concedeva però vantaggi, sicché la solida e concreta Turchia metteva a segno un gol in apertura di gioco e lo difendeva senza eccessivi patemi sino al termine. Ben diverso copione seguiva la partita fra Corea del Sud e Italia. Il giovane e inesperto arbitro ecuadoriano Moreno sin dall'inizio dirigeva a senso unico, concedendo subito ai coreani un calcio di rigore, peraltro sventato dal portiere italiano Buffon. Era poi l'Italia a portarsi in vantaggio, con Vieri che firmava di testa il quarto bersaglio personale. Ammonizioni ed errate segnalazioni di fuorigioco fermavano tuttavia la squadra azzurra alla ricerca del raddoppio. Il pareggio dei coreani a due minuti dalla fine portava ai tempi supplementari, anche perché allo scadere Vieri mancava clamorosamente il gol a due passi dalla porta avversaria. Nei minuti di proroga, Totti finiva a terra in area coreana, ma l'arbitro lo puniva per simulazione, espellendolo dalla partita. In dieci uomini l'Italia andava in gol con Tommasi, ma il punto che sarebbe stato decisivo era annullato per inesistente fuorigioco. Così, dopo 116 minuti, toccava ad Ahn, giocatore in forza al Perugia nel Campionato italiano, mettere a segno il 'golden gol' che escludeva dal Mondiale la terza favorita (dopo Francia e Argentina) e che regalava alla Corea un successo storico. L'impresa riportava alla mente quella dei coreani del nord, che nel 1966 avevano eliminato l'Italia dai Mondiali d'Inghilterra. Le otto squadre superstiti erano così ripartite: quattro europee (Germania, Inghilterra, Spagna, Turchia) una sudamericana, Brasile, una nordamericana, Stati Uniti, una africana, Senegal, una asiatica, Corea. Per tre di esse, Senegal, Corea e Turchia, era il miglior risultato mai raggiunto in un Campionato del Mondo. 

Brasile contro Inghilterra era l'incontro di maggior fascino dei quarti di finale. L'Inghilterra, disposta da Eriksson in un modulo di grande prudenza, passava in vantaggio grazie a un contropiede di Owen, il 'Pallone d'oro' del calcio europeo. Il Brasile, superiore nel gioco, raggiungeva il pareggio alla fine del primo tempo con uno spettacolare gol di Rivaldo e passava in vantaggio in apertura di ripresa, con uno strano calcio piazzato di Ronaldinho che sorprendeva l'esperto portiere Seaman. Poco dopo, lo stesso Ronaldinho veniva espulso e l'inferiorità numerica consigliava al Brasile di controllare il gioco, in ciò agevolato dall'Inghilterra che non sapeva proporre una reazione efficace. Con molta fatica, e qualche benevola interpretazione arbitrale, la Germania riusciva a domare lo slancio degli Stati Uniti, una delle squadre rivelazione del torneo. Bellissima la partita fra due outsiders, Senegal e Turchia, risolta con il 'golden gol' dei turchi, che fermavano così la marcia degli africani e raggiungevano la semifinale per la prima volta nella loro storia calcistica. Nuovo scandalo per la Corea del Sud, che eliminava anche la Spagna, cui venivano annullati due gol validissimi da parte dell'arbitro egiziano. Chiusi anche i tempi supplementari sullo 0-0, la decisione era affidata ai calci di rigore e dal dischetto i coreani si dimostravano infallibili, mettendo a segno tutti e cinque i tiri. La Spagna seguiva l'Italia sulla strada della protesta, mentre l'ingresso di una squadra asiatica fra le prime quattro del Mondiale, evento rivoluzionario, accendeva ancora di più l'entusiasmo del popolo coreano. I continui aiuti ricevuti dalla squadra di casa inducevano però i responsabili della FIFA a cambiare strada. Per le semifinali, Germania-Corea e Brasile-Turchia, venivano designati arbitri europei di collaudata esperienza, la cui direzione imparziale consentiva alle due formazioni più forti, Germania e Brasile, di imporsi con l'identico punteggio di 1-0 e di programmare una finale in grado di restituire credibilità a un Mondiale così vistosamente compromesso. La rete del Brasile era realizzata da Ronaldo, al suo sesto gol personale.

La finale per il terzo posto fra Turchia e Corea del Sud entrava nella storia dei Mondiali perché il centravanti turco, Hakan Sükür, realizzando il primo gol dopo appena 11 secondi dal fischio d'inizio, conquistava il record della rete più veloce in tutte le diciassette edizioni, soppiantando il ceco Masek che nel 1962 aveva segnato dopo 16 secondi di gioco. La Turchia si imponeva per 3-2, confermandosi l'autentica rivelazione del torneo, nel corso del quale aveva collezionato soltanto due sconfitte ed entrambe a opera del Brasile, nel girone preliminare e nella semifinale. Il terzo posto della nazionale consacrava l'ascesa del calcio turco, già annunciata dai successi dei suoi club più importanti nelle competizioni europee.

La finalissima, la sera del 30 giugno a Yokohama, vedeva il calcio fantasioso e individuale dei brasiliani prevalere sulla ferrea organizzazione collettiva della Germania. I tedeschi prendevano l'iniziativa del gioco, senza però trovare sbocchi nella difesa brasiliana, più attenta del solito, grazie alla copertura dei centrocampisti, fra i quali si metteva in luce Kleberson, e alla posizione più arretrata degli esterni Cafu e Roberto Carlos. In contropiede, era anzi il Brasile a rendersi pericoloso, ma Ronaldo falliva due favorevoli occasioni da gol su suggerimento di Ronaldinho, e Kleberson centrava in pieno la traversa con un tiro da fuori area. Nella ripresa, anche la Germania colpiva i legni della porta avversaria, con un forte calcio piazzato di Neuville, deviato sul palo dal portiere brasiliano. La partita si sbloccava su un errore di Oliver Kahn, sino ad allora il miglior portiere del Mondiale, il vero artefice delle fortune tedesche. Kahn non tratteneva un tiro centrale di Rivaldo, e sulla sua corta respinta Ronaldo centrava la porta vuota. Era la svolta decisiva. Ancora Ronaldo, questa volta a conclusione di una splendida azione corale, raddoppiava per il Brasile, laureandosi così capocannoniere del torneo, con otto gol, e raggiungendo Pelé nelle reti totali segnate ai Campionati del Mondo (dodici). Il quinto titolo mondiale del Brasile premiava la squadra più forte, capace di vincere tutte le sette partite del torneo, con un bilancio finale di 18 gol realizzati e 4 subiti. Il suo capitano, Cafu, era il primo calciatore della storia ad aver giocato tre consecutive finali mondiali (due vinte, una perduta). Al di là delle molte ombre del torneo, il verdetto finale era assolutamente limpido.

* Tratto da I Campionati Mondiali, in Enciclopedia dello Sport, Treccani, 2002 (© Treccani)